Direttamente dal rinascimento ecco SUA MAESTA' il pasticcio di maccheroni alla ferrarese. Un involucro di finissima pasta frolla che quando lo tagli si sprigiona un insieme di aromi tra cui quello delizioso del tartufo.
Solitamente quando
veganizzo un piatto della tradizione mi scuso con chi ha dato i natali alla
preparazione. Ora è la volta di Ferrara, città di origine di mia madre. Ai
ferraresi vanno le mie scuse. Condivido le informazioni e la ricetta così come
me le ha inviate una cara amica Susanna Tartari, che ringrazio. La ricetta è
stata modificata sostituendo le carni del ragù con prodotti vegetali quali
seitan e tempèh
La parola “pasticcio”
deriva dal latino “pasticium”, una preparazione già presente nel “De
coquinaria” di Apico ed è il nome tradizionale che ancor oggi si da a varie
preparazioni fatte con ingredienti diversi, di solito racchiusi in un involucro
di pasta e poi cotti al forno. Nel XII secolo
le "torte" fecero la loro comparsa nel menù settimanale degli
eremiti di Camaldoli, e vennero battezzate ironicamente "creazioni
golose". Ma è nei secoli XIV e XV, che il pasticcio compare in molte delle
sue varietà, a base di carni, selvaggina, pesci, crostacei, frutta. Per la sua
complessità di esecuzione, è sempre stato considerato una vivanda di prestigio,
che spesso figurava nei pranzi di alto livello. Il pasticcio ebbe nei secoli
successivi altri sviluppi e libere interpretazioni, mantenendo comunque il suo
carattere di vivanda prestigiosa preparata per i conviti signorili. Oggi, nelle
varie forme, il pasticcio è rimasto in alcune cucine regionali, dalla Sicilia
alla Romagna, quasi come simbolo di continuità con la grande cucina
rinascimentale. Il piatto nasce
intorno al 1500 alla corte dei duchi d’Este, a Ferrara. Col tempo è divenuto la
preparazione tradizionale della settimana di Carnevale, quando si è soliti
concedersi piatti più ricchi del normale, prima del lungo periodo di quaresima.
Ma ormai tale consuetudine si rotta, per cui
il pasticcio di maccheroni, è preparato in ogni momento dell’anno. Faro
della cucina ferrarese, un vero capolavoro di talento gastronomico. Assomiglia
ad un piccolo cuscino, la cui fodera è fatta di pasta dolce (pasta frolla). Al
suo interno vi sono adagiati maccheroni (a volte cappelletti), avvolti da una
soffice besciamella arricchita da ragù di carne, o rigaglie di pollo, il tutto
profumato da sottili schegge di tartufo o funghi. Il colore tendente al giallo
(come a ricordare il sole), è dato da spennellate di rosso d’uovo, date prima
di essere infornato. Il “Pasticcio di maccheroni” lo potete trovare solo a
Ferrara ha subito negli anni delle varianti negli ingredienti fino ad arrivare
al ‘700. Ora lo si può gustare nella variante con pasta dolce o con pasta
salata, questo per accontentare tutti i palati. Da alcuni lo troviamo sempre
nei menù dei ristornati ferraresi, ma
questo piatto ha un suo momento nel calendario, era infatti uso prepararlo per
il giovedì grasso e per l’ultima domenica di carnevale, nel cuore dell’inverno,
era infatti, all’approcciarsi del carnevale che i pasticci facevano bella
mostra di se nelle pasticcerie e dai fornai e, non era insolito sentir gridare un
pasticcere perché qualche “pasticcino” (così vengono anche chiamati i pasticci
monoporzione), gli spariva dal tavolo dove erano esposti – forse colpevole
qualche “ragàzol” (ragazzo) goloso.
Un piatto speciale da
ispirare anche Ugo Vasé , brillante poeta dialettale ferrarese, vissuto a
cavallo dell’altro secolo, Direttore Didattico delle Scuole Comunali di Ferrara
:
“Un
pastiz, mo bagatella; A ghè dentar balsamela; Pet at pui e macarun; Aghè dentar
di filun; Ov, butir col so furmai e per mezz an gh’manca mai un po’ ad trifula
ch’vol al palà: e st’impast dentar in tal sol a fog lent infin c’ass pol, eco
al diventa un poch zaltin; e po al s’cambia pian pianin; col zaltin l’è quasi
d’or un poch palid ad culor; e po’ al fa la pasta frola com’n’Artusi ad bona scola
“.
INGREDIENTI
E RICETTA Versione vegan
A cura di Paola Fabbri: