Qualche informazione,
prima della ricetta, riguardo le origini dei vari dolci dedicati a questa
giornata.
L’abitudine
di preparare dei cibi da offrire ai morti, si perde nella notte dei tempi. Secondo
la credenza popolare, nella notte tra l’1 e il 2 Novembre le
anime dei defunti tornano dall’aldilà, ed il viaggio che li separa dal mondo
dei vivi, è lungo e faticoso, vengono quindi imbandite tavole a cui i
propri defunti trovano ristoro, ed anche per renderli benevoli verso i giorni a
venire. I dolci simboleggiano i doni che i defunti portano dal
cielo e contemporaneamente l’offerta di ristoro dei vivi. Un modo per
esorcizzare la paura dell’ignoto e della morte.
La commemorazione dei Santi, agli albori del Cristianesimo si
celebrava il 13 maggio, fu spostata al 1 novembre da Papa Gregorio Magno nell’anno 835 d.C. Odilone di Cluny nel 998 decise di commemorare i morti il giorno
successivo, ma fu solo nel 1474 che Papa Sisto
IV ufficializzò
queste date.
In Campania e
in Lombardia, era in
uso lasciare in cucina un secchio o un vaso d’acqua per dissetare i defunti. In Piemonte si
aggiungeva un posto a tavola per i morti che sarebbero arrivati in visita. In Puglia ed in Toscana la tavola veniva apparecchiata
appositamente. In Sardegna la tavola dopo cena non veniva
sparecchiava per consentire ai defunti di rifocillarsi durante la notte. In Basilicata e Calabria,
presso le comunità albanesi, si usava andare al cimitero di sera e lì allestire
un banchetto sulla tomba dei propri cari ed invitare tutti i passanti a
prendere parte.
Ogni regione italiana
ha un suo dolce dei morti, ossa , i pupi di zucchero siciliani, la colva salentina,
la piada dei morti romagnola, le fave dei morti. Nell’antichità le fave erano
il cibo rituale dedicato ai defunti e venivano servite come piatto principale
nei banchetti funebri. Venivano offerte alle Parche, Ade e Proserpina.I Romani le
consideravano sacre ai morti, ritenevano che contenessero le anime. Credenza
probabilmente legata ai caratteri botanici della pianta: le sue lunghe radici
che affondano in profondità nel terreno; il suo lungo stelo cavo che secondo le
credenze popolari faceva da tramite tra i due mondi. Erano soprattutto i suoi
fiori bianchi con sfumature violacee e con una caratteristica macchia nera, a
ricordare la lettera greca theta,
lettera iniziale della parola greca thànatos che significa morte. In seguito con
l’avvento del Cristianesimo la tradizione popolare muto’ dal mondo Romano questo
uso delle fave. Nel X secolo le
fave divennero cibo di precetto nei
monasteri durante le veglie di preghiera per la commemorazione
dei defunti.
Il pane dei morti
Il pan dei morti è una dolce molto antico di origine
milanese, diffuso in molte regioni del nord Italia, Di questo dolce ne
esistono numerose varianti, pare che una volta nelle pasticcerie venissero
preparati con gli avanzi sbriciolati di altri. I Greci, offrivano un pane dei morti a Demetra,
la Dea delle messi, per assicurarsi un buon raccolto. Si tratta di un biscotto
dal piacevole sapore speziato
A casa mia si è sempre mangiato il pane dei morti della ricetta che sto
per condividere, risale agli inizi del 1900 ed è la ricetta di un pasticcere
amico di famiglia. Veganizzarla non è stato difficile, è bastato sostituire il
miele con un’alternativa vegetale.
Ricetta a cura di Paola Laura Fabbri
DA PREPARARE DUE O TRE GIORNI PRIMA
Ingredienti:
700gr. di farina
400 gr. di zucchero di canna
50 gr. di biscotti secchi tritati finemente
80 gr. di cacao
1 bustina di cremor tartaro o lievito per dolci
85 gr. di mandorle
85 gr. di nocciole (liberate della pellicina)
150 gr. di noci
100 gr. di uvetta sultanina ammollata in acqua
70 gr. di frutta candita mista tritata
400 gr. di cioccolato fondente sciolto a bagnomaria
70 gr. di sciroppo di grano o succo d’agave ( in sostituzione del miele)
80 gr. di olio di mais Vino bianco secco q.b
cannella, chiodi di garofano macinati. Le dosi delle spezie sono variabili,
dipende dal gusto personale.
Zucchero a velo per lo spolvero finale
Setacciare la farina con lo zucchero, il cacao, i biscotti secchi, il
cremor tartaro. Versare il tutto sulla spianatoia, aggiungere la frutta secca,
i canditi e l’uvetta sgocciolata e asciugata. Formare un cratere e al centro e
aggiungere lo sciroppo di grano, il cioccolato fuso, incominciare ad impastare
aggiungendo il vino bianco un po’ alla volta senza esagerare; si dovrà ottenere
un impasto sodo.
Prelevare una parte dell’impasto ottenuto e formare delle palline da 50
gr. Appiattirle e darle una forma ovale dallo spessore di circa 7-8 mm. Cuocere
in forno a 180°C per 15 minuti circa. Far raffreddare e cospargere di zucchero
a velo.
Appena cotti risulteranno un po’ duri, con il tempo tendono ad
ammorbidirsi, per questo motivo vanno preparati un paio di giorni prima. Una
volta ammorbiditi si conservano a lungo in una scatola di metallo. Non saprei
quanto perché a casa mia durano pochissimo, di solito li devo nascondere altrimenti
non arrivano nemmeno al I Novembre J
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