lunedì 23 settembre 2013

Pasticcio di pere crude-Pastés de poires crues versione vegan





La ricetta originale è tratta dal manoscritto francese del XIV secolo Le Viandier de Taillevent
Probabilmente questa preparazione semplicissima, all’epoca doveva costare molto, dato l'elevato prezzo dello zucchero ( nel medioevo era considerato una spezia)  e la quantità necessaria per riempire gli spazi fra pera e pera.
La cottura a vapore delle pere, che trasforma il succo in un liquido simile al caramello, fa di questo dolce una vera delizia. Facilmente si romperà durante il taglio
Versione moderna e vegan a cura di Paola Laura Fabbri
Ingredienti:
Per la pasta:
300 gr. di farina
150 gr. di burro vegetale molto freddo
10 cl d’acqua fredda
Un pizzico di sale
Per il ripieno:



3 pere
250 gr. di zucchero di canna

Qualche ora prima preparare la pasta
Con la punta delle dita intridere la farina con il burro fino ad ottenere un composto simile alla segatura. Sciogliere il pizzico di sale nell’acqua e aggiungerla all’impasto, impastare rapidamente senza lavorarlo troppo , fino ad ottenere un composto omogeneo , senza grumi. Lasciar riposare in luogo fresco due ore prima di utilizzarlo.
Foderare con carta da forno uno stampo da plum cake. Stendere una sfoglia dello spessore di ½ cm.
Sbucciare le pere mantenendole intere e lasciando il picciolo. Con la sfoglia rivestire lo stampo, posizionare le tre pere l’una accanto all’altra. Riempire gli interstizi con lo zucchero. Ripiegare e saldare la pasta, lasciando fuori i piccioli: serviranno da camini per la fuoriuscita del vapore durante la cottura. Cuocere in forno a 200°C per un’ora e mezza circa. Far raffreddare completamente prima di togliere il dolce dallo stampo.

 Pastés de poires crues
Mises sur bout en pasté, et empty le creux de sucre trois grosses poires comme ung quarteron de sucre, bien couverte, et dorée d’oeufz ou de saffran, et mis au four”.

Bisogna metter tre grosse pere dritte dentro un pasticcio e riempire i vuoti con circa un quartino di zucchero, coprirle bene e far dorare (la pasta) con uova o zafferano, e poi cuocere in forno.

Nella  storia dell'arte culinaria, il primo cuoco francese di cui si conservi memoria è Guillaume Tirel, soprannominato Taillevent per il gran naso con il quale sembrava fendere il vento. In epoca medioevale fu il Maestro di moltissimi cuochi. Assunto nel 1326 come sguattero addetto a girare gli enormi spiedi delle cucine di corte della regina francese Giovanna d’Evreux, venti anni dopo ebbe la carica di cuoco di Re Filippo VI. Divenuto “sergente d'arme” sotto Carlo VI di Francia, Guillaume Tirel detto Taillevent pare per via di un finissimo olfatto, aveva il privilegio di portare i piatti alla tavola reale ed il diritto ad uno scanno di riguardo presso il camino di cucina. In considerazione all'onesto e soddisfacente servizio reso, nel 1381 ricevette direttamente Carlo VI la nomina di Maestro di cucina.  La sua arte ci è stata tramandata da un manoscritto “Le Viandier” redatto in forma poetica pare nel 1380. L’opera, che ebbe un immediato successo, venne tradotta successivamente in quasi tutto il mondo. Compilato con una scrittura gotica, data la sua forma in rime lo si potrebbe considerare più un poema che un trattato di cucina. 

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